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Mi avvicino ad un mondo "privilegiato", quello della tastiera che imprime e lascia una seppure futile traccia di me attraverso un pc con pensieri-concetti-sensazioni-emozioni. Nel mio caso c'è da chiedersi se è il tempo che ci cambia o....ma a quanto pare il tempo è "fermo" o almeno è sempre lo stesso, siamo noi che passiamo davanti a questa meravigliosa e sconcertante realtà, siamo noi che camminiamo attraverso il tempo, percorrendo un viaggio avventuroso e ancora siamo noi che decidiamo se cogliere i frutti che ci offre con generosità e ricambiare con gratitudine!
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domenica 31 gennaio 2010

Il cambiamento. Fidarsi o non fidarsi?


Dopo aver pubblicato la favola: "Il paese delle pagine ferme", propongo agli amanti della lettura e ai più coraggiosi, un altro post kilometrico con un'altra favola (sempre dal libro "Il bambino nascosto" di alba Marcoli). Anche questa favola è stata proposta dalla docente del corso di Danza movimento Terapia (che proseguo con convinzione, curiosità ed entusiasmo!), come trampolino di lancio per lavorare sulle emozioni della rabbia e della fiducia; sono emerse una valanga di spunti e riflessioni e a questo punto sono curiosa di vedere e leggere i vostri pareri e commenti, sulla favola o su ciò che vi ha cattutrato di più o qualsiasi altra cosa....Mi aspetto anche di leggere da qualcuno di voi, che la favola non gli "dice niente " e se volete potete dirmi anche perchè.

Favola numero 12

Il gabbiano che giocava col vento

“Nel cuore portavo la spina di una passione;
riuscii a strapparmela un giorno:
ora non sento più il cuore".
(A. Machado, “El limonero l nguido).

Fra le storie che si raccontavano al tramonto alla Scuola del Mare ci fu una volta anche quella del gabbiano giocherellone. In effetti non era una storia di mare, ma di vento, di quelle scritte sulle onde quando si rincorrevano fra di loro.
C'era una volta un gabbiano che amava molto vedere le cose dall'alto.Tutta la sua giornata era fatta di saliscendi. Saliva verso le nuvole per godersi lo spettacolo e poi scendeva verso il mare in veloci picchiate e si posava sopra le onde per farsi cullare dolcemente. E poi di nuovo su, nel cielo, a salire e scendere di nuvola in nuvola.
Ma la cosa che il gabbiano amava più di tutto erano le giornate di vento, di quello che ogni tanto soffia sul mare e si diverte a formare i mulinelli nell'acqua e nell'aria. Appena il vento giusto arrivava, ecco che il gabbiano si levava in volo per cercare il punto più tempestoso e quando lo trovava si metteva ad ali spiegate e si lasciava andare fiducioso. Allora il vento, che lo conosceva bene, lo prendeva su di sé e iniziava a giocare. Prima lo sosteneva, poi lo lasciava cadere un po', poi lo riprendeva di nuovo e lo sollevava più in alto, poi gli faceva fare un giro di danza e lui era proprio molto felice. Il gabbiano aveva fiducia nel vento e il vento non tradiva la sua fiducia. E così questo rapporto fatto di fiducia andò avanti per molto tempo, con gran soddisfazione di entrambi.
Finché una volta capitò una giornata in cui il vento si era alzato con un gran mal di testa.
Quel giorno era preoccupato perché aveva tante cose da fare ed era proprio arrabbiato col mondo e, avendo poca voglia di pensare agli altri, anche un po'distratto. Ma il gabbiano non si accorse di niente, essendo anche lui preso dai suoi pensieri, e fu così che quando si lasciò andare fiducioso nei suoi mulinelli il vento fu meno pronto del solito a farlo risalire prima che cadesse e il povero gabbiano andò a sbattere contro una roccia e si ferì a un'ala, esattamente nel punto che gli faceva ancora male per una vecchia ferita. In realtà questa cosa gli era successa tante altre volte e non era poi così grave, ma non gli era mai successa con il vento e questo lo spaventò e lo offese moltissimo.
Il gabbiano si allontanò dal mare con la sua ala ferita e volò, volò, volò più lontano che poté, finché arrivò a una città che non conosceva il mare perché era completamente circondata dalla terra e lì si fermò. Vide degli altri uccelli grandi come lui e che gli somigliavano, ma non fece amicizia, si nascose in un angolo e rimase sempre da solo. Ormai il gabbiano non si fidava più degli altri e così visse per tanto tempo solitario e pieno di paure.
Intanto il vento giocherellone, che non si era accorto di come il gabbiano si fosse fatto male, continuava ad aspettarlo per giocare con lui. Ma i giorni passavano e lui non tornava mai, anzi, se n'era persa ogni traccia. Allora il vento, che aveva nostalgia del suo gabbiano, cominciò a cercarlo, prima su tutto il mare e poi anche sulla terra; e gli uomini che non conoscevano questa storia pensavano che doveva proprio essere cambiato il clima, se un vento di mare soffiava così forte anche dove prima non si faceva mai sentire.
Passò così tanto tempo e il vento continuava a cercare il suo gabbiano e lui a nascondersi ogni volta che lo sentiva arrivare da lontano, alla sua ricerca. Però tutti e due si sentivano molto soli e rimpiangevano i giochi di quando erano amici.
Andò a finire che poco a poco il vento si scoraggiò e pensò che non avrebbe più trovato il suo gabbiano. E allora si immalinconì tanto che cominciò a uscire sempre meno di casa e poi a non uscire più del tutto. E quando questo successe, tutto si fermò. Le nuvole stavano ferme nel cielo perché non c'era più nessuno che le spingesse, il mare era immobile, le vele si afflosciavano senza vita e i semi dei nuovi fiori erano ammucchiati tutti insieme perché nessuno li spandeva più nell'aria per preparare i fiori della primavera seguente.
E allora la terra e il mare si impensierirono e decisero di fare qualcosa, ma era difficile sapere che cosa esattamente. Finché un giorno la terra, che aveva buona memoria e un grande cuore, si ricordò della scena del gabbiano che giocava con il vento e pensò che forse il vento era triste per questo ricordo e ne parlò col mare.
«Potremmo provare a farli incontrare di nuovo perché si spieghino le cose e si ritrovino,» disse infine il mare «ma mi chiedo se sia questa la soluzione» aggiunse poi pensieroso.
«Me lo chiedo anch'io,» rispose la terra «perché se questo è successo vuol dire che c'è qualcosa dentro di loro che l'ha provocato e che continua a restare dentro.»
«È vero», rispose il mare «allora se questo qualcosa non cambia è inutile farli incontrare, perché l'episodio potrebbe ripetersi in qualsiasi altro momento della giornata e della vita. Chissà quante altre volte il vento si potrà alzare col mal di testa e il gabbiano si potrà graffiare l'ala proprio nel punto che gli fa più male!»
E così, pensa e ripensa, la terra e il mare decisero di chiamare a raccolta gli uccelli e li incaricarono di prendere nel becco un seme ciascuno, fra quelli tutti ammucchiati insieme, per trasportarli lontano come prima faceva il vento, affinché nascessero nuove piante e nuovi fiori.
Gli uccelli iniziarono un lungo lavoro che durò giorni e giorni e giorni e lo fecero con tutta la cura che ci poterono mettere. Ma per quanto si sforzassero, era proprio difficile trovare il posto giusto per ogni seme perché loro non conoscevano le strade del vento.
Fu così che la primavera successiva, quando le nuove piantine cominciarono a nascere, capitarono le cose più strane. Anzi, sembrava proprio una Babilonia. Per quanto gli uccelli si fossero sforzati, quasi nessun fiore era al posto giusto. Allora la terra andò a svegliare il vento, che sonnecchiava intristito nella sua casa, e lo invitò a fare un giretto per il mondo.
Lui si lasciò convincere, per una sola volta, ma quando fu fuori rimase sbalordito da ciò che era successo.
«Ma questi fiori sono tutti al posto sbagliato!» disse sorpreso alla terra. «Perché è successo questo?»
«Perché sei tu e non gli uccelli che conosci le strade per trasportarli,» rispose la terra «cosicché loro hanno fatto ciò che hanno potuto.»
Fu allora che il vento si rese conto di una cosa che prima non sapeva ed era che la vita aveva proprio bisogno anche di lui e delle sue strade. E fu pure così che il vento decise di tornare nel mondo perché i fiori non soffrissero più nascendo nel luogo sbagliato e perché sentiva che anche per lui quello era il suo posto. E quando tornò a fare il suo antico mestiere si accorse che era molto più bello viaggiare per la terra e per il mare piuttosto che restare intristito in casa in compagnia di un solo pensiero, sempre uguale e identico a se stesso, giorno dopo giorno.
Nel frattempo sulla terraferma, là vicino alla città, anche il gabbiano si era accorto dell'ordine rovesciato delle piante e dei fiori e anche lui era rimasto stupito della cosa.
Anzi, cominciava a capire che diventava difficile anche per gli animali vivere e trovare da nutrirsi, con tutte le piante al posto sbagliato. E anche lui scoprì che, anche se era triste, aveva ancora voglia di respirare e di nutrirsi e di vedere le piante giuste al posto giusto.
E poi c'era un'altra voglia che da un po'di tempo gli stava venendo ed era quella di tornare ad avere nella sua testa dei pensieri diversi che gli facessero compagnia e non sempre lo stesso pensiero, uguale e monotono, identico a se stesso. Un po'come era successo al vento.
E allora si ricordò che ai tempi dei vecchi giochi i pensieri della sua testa facevano risuonare delle cose dentro di lui che gli piacevano, mentre ora gli sembrava che non ci fossero più.
Eppure lui sapeva di averle ancora, sepolte chissà dove, mentre adesso era come se risuonasse sempre e solo la stessa corda, monotona e grigia.
Il povero gabbiano era come un musicista che aveva dentro una musica da suonare, ma non trovava più lo strumento che gli serviva.
Finché un giorno anche lui decise di partire per ritrovare il suo strumento. Sapeva che l'avrebbe trovato al paese del mare e del vento e questo lo intimidiva un po'.
Ma mentre volava ecco che arrivò il suo vento che gli diede un tuffo al cuore, ma lui non lo riconobbe, tanto il gabbiano era intristito e immalinconito.
E quando il vento vide questo gabbiano che avanzava timoroso perché aveva una vecchia ferita, lo prese gentilmente sulle sue ali e lo portò verso il mare per farlo respirare meglio che là, sulla terra lontana. E allora sul mare il vento si mise a giocare scherzoso e il gabbiano stette a guardarlo muto. Poi, piano piano, gli si avvicinò di nuovo e gli chiese di portarlo su una nuvola. E quando lui lo portò, il gabbiano si lasciò andare ai vecchi giochi e il vento, stupito e commosso, lo riconobbe.
E fu così che i due antichi amici si ritrovarono e ripresero a incontrarsi per giocare, loro col mondo e il mondo con loro.
E quando ciò avvenne, la terra e il mare si guardarono soddisfatti. Anche dalle vecchie ferite può nascere sempre qualcosa; in fin dei conti anche nella terra bisogna scavare un solco perché un seme possa crescere. E nessuno, proprio nessuno, può impedire all'erba di crescere a primavera, anche fra i sassi e i rovi, persino fra le tegole sui tetti delle case degli uomini.
E qui finisce la storia del gabbiano che giocava col vento, ma il vento e i gabbiani continuano ancora a giocare.


venerdì 29 gennaio 2010

Sognando il circo

Forse è un sogno felliniano, sento sfumare in lontananza le musiche del circo con i loro violini e i tamburi, vedo allontanarsi il corteo con i loro carrozzoni carichi di sogni e incantesimi, quasi una fuga verso altri paesi , città da esplorare dove troveranno nuove persone , grandi e piccini a cui regalare nuove emozioni e tanta meraviglia, gli artisti hanno smontato con pazienza il gran tendone del loro gigantesco e colorato teatro, i giocolieri hanno riposto nei loro vecchi bauli i costumi variopinti e scintillanti, le tigri e gli altri animali sonnecchiano ignari del nuovo viaggio nelle loro gabbie con le ruote, mentre i cilindri dei prestigiatori prendono finalmente una meritata pausa, le magie ora albergano tra le stelle e la luna che freme al pensiero di veder realizzate nuove e fantastiche scenografie, i clown hanno lavato via dal loro viso ogni traccia di trucco cancellando la loro folle maschera, mettendo a nudo lo sguardo che tradisce tutta la malinconia della loro esistenza lacerata dalla voglia di amare!
Non so perchè mi è venuto in mente di parlare del circo, mentre continuano ad affollarsi e mescolarsi nella mente ricordi e sentimenti che si perdono in un'altalena di dolcezza/tenerezza/stupore e insieme maliconia/tristezza/senso di vuoto, tra attrazione e rifiuto, non so spiegare meglio, difficile dire se mi piace davvero quello spettaccolo , forse mi disorienta un po', sarà forse perchè mi ricorda tanto la vita stessa?
Mi piace o non mi piace? A tratti si e a tratti no...Talvolta sarei voluta scappare o andare via.
Ma forse il vero circo è la vita stessa, dove gli artisti e gli attori si alternano scambiandosi i ruoli secondo una ipotetica regia, relativa, transitoria e forse fasulla, dove le comparse transitano velocemente senza soffermarsi neanche per prendere un attimo di fiato per paura di perdersi tra le infinite scenografie e i sipari, con costumi indossati per la circostanza del momento, prima di venire inesorabilmente inghiottiti dal buio dietro le quinte ed essere dimenticati velocemente!
E intando si fa strada un pensiero, quello di fermare il sogno per chiedere alla carovana un passaggio, voglio salire su quel carrozzone colorato, sarebbe molto bello proseguire con loro il viaggio, non so ancora quale sarà il mio ruolo, nè quale mi verrà assegnato , se quello di giocoliere, prestigiatore o....forse si, vorrei essere un clown per trasformare la mia malinconia e chiuderla in un cassetto per far nascere un sorriso in chi ha dimenticato come si fa e soprattutto cosa si prova, oppure potrei tentare di essere un prestigiatore e far saltare da un cilindro fiammante, grazie ad un'inspiegale mix di magie, tanti teneri e docili cuccioli per riempire la solitudine di chi si sente solo/a e lontano dal cuore di chi ama.
Oppure niente di tutto questo, mi piacerebbe però poter distribuire caramelle e cioccolattini a chiunque ma ancor di più a chi ha dimenticato il gusto dolce della vita perchè percepisce soprattutto l'amaro e l'acido, come ricordino vorrei poter offrire palloncini multicolori per non dimenticare che la vita è veramente come un grandissimo circo, ricco di sorprese, il più delle volte belle, indimenticabili ed emozionanti, dove s'inseriscono anche altre meno belle, per essere pronti a cogliere e abbracciare tutte le sfumature che ci vengono regalate perchè anche le scene più avvincenti possono cambiare senza alcun preavviso e purtroppo , rompersi in tanti pezzetti come un palloncino lasciando solo il rimpianto e il vuoto.
In ogni caso quel circo chiamato vita sa fare molto bene il suo lavoro, ha una lunga esperienza in merito e proprio per questo sa essere anche molto generosa e sa regalare anche incredibili , meravigliose e decisive svolte , dando inspiegabilmente, quasi sempre il meglio di sè!

lunedì 25 gennaio 2010

Attesa

Attesa è un termine a me molto caro, implica un miliardo di situazioni, vivono e rivivono il passato-il presente-il futuro. In questo arco di tempo che dice tutto e niente, c'è la vita, spesso desiderata, calpestata, maltrattata, voluta, respinta, curata, buttata, odiata, amata, sofferta, appagata, frustrata, violata, accolta. Ogni tempo della vita ha la sua attesa e la sua storia, i suoi odori e profumi, rumori e suoni, sapori, colori...Ogni attesa aspetta da noi di essere varcata ed esplorata, ogni attesa è un cammino costante, duro, a volte tenace altre volte stanco e passivo, senza entusiasmi, altre volte è invece un magico volo di farfalle multicolori che si dipana tra le nuvole arruffandole, dove non si percepisce il peso delle nostre membra fino a divenire particelle libere nel cosmo, tanto che quella felicità spaventa e c'impaurisce come bambini in fuga dalla realtà, scuote l'anima e fa piangere, piangere di felicità....è un frutto raro ma che arriva con l'attesa, quasi sempre in modo del tutto inaspettato, gratuito e sovrano!
Tutto questo giro e groviglio di parole per dire che oggi più che mai, ascolto la mia attesa perchè so che non è un Tempo sterile ma fecondo, è carico di nuovi giorni che arriverranno e cresceranno tra le mie mani, sarò grata a questo tempo perchè posso ri-nascere ancora una volta, liberare e far volare le farfalle assopite nella mia anima, mentre passeggio con fiducia su un immenso prato verde, morbido e soffice come il velluto il mio sguardo si perde lungo l'orizzonte dove il mare già mi parla e m'infonde calore e sicurezza, in quel mare ci sono anche le mie parole più intime e nascoste, in quel mare amo cullare i miei pensieri e custodirli, finchè avrò forza e coraggio per proseguire il mio cammino.

mercoledì 20 gennaio 2010

A proposito di farfalle, ma perchè scrivo?

Scrivo, ma perchè scrivo se non ci sono farfalle nel cielo? Mister G mi ha chiesto i giorni scorsi se avevo smesso di scrivere...Mi chiedo ma che senso ha tutto questo riempire fogli bianchi travestiti di rosa, che si aggiungono uno dopo l'altro ai precedenti, in questo spazio irreale chiamato blog? Non c'è rosa all'orizzonte, vedo nero e sfumature di grigio, nubi di pesante piombo, duro come e più del granito, questo non è un post è solo uno sfogo per allontanare i miei "fantasmi", siete ancora in tempo per non continuare a leggere, salvatevi! Ma il pensiero buio continua a persistere, domina mi disturba e m'infastidisce, danzano in modo lugubre i fantasmi che confondono le idee e i sentimenti positivi, sono davanti agli occhi, con cinismo mi rubano i sorrisi, mi tolgono le forze e si spartiscono le mie energie, per ora non c'è niente che distoglie tutto ciò dalla mia mente, impietrita guardo la mia paura che mi chiude e crea il vuoto, dove i suoni sono solo echi lontani che rimbombano senza ritmo, come un tamburo scordato risuona le sue pesanti note che si perdono e si liberano nell'aria come le particelle di un gas velenoso e tossico. Mi chiedo se è giusto parlare così in un blog, se è giusto scrivere per non chiudere... e per non chiudermi, ma continuare ad ascoltarsi e scavare ancora più a fondo, col rischio però di appesantire chi legge!

Poi trovo una mail di Rosi Jò http://rosijofarecon.blogspot.com/e mentre la divoro capisco che la vita è anche questo tutto questo mio noioso magone nero travestito di rosa, dove io sono il pagliaccio di me stessa e rido per non ascoltare il silenzio che mi sovrasta. Insieme alle sue parole cariche d'affetto, gentilezza, sincerità...mi tiene compagnia la sua spilla-farfallina che ha creato con le sue sapienti manine, è arrivata con posta prioritaria lunedì mattina, regalandomi una ventata di allegria e spensieratezza!

Poi leggo un commento nel blog di Eva Prunella Grandiflora: SCARABOCCHI SENZA TEMPO Né SPAZIO e piano piano riprendo a sentire dentro me che la vita scorre ancora, nonostante i neri e i grigi, infine chiudo questa difficile giornata rileggendo ancora una volta le sue parole:

"Mia dolcissima Miriam, Ti regalo un bouchet fatto di sogni caleidoscopici e un arcobaleno tessuto con fili di pensiero.
Oggi sono così stanca che essere poetica mi costa uno sforzo titanico. Ma per te srotolo la mia migliore pergamena e questa volta sarà tutta farina del mio sacco:

il sole si fonde con la nebbia e il suo bagliore viene rinchiuso in mura di metallo sciolto, ritorto pensiero che si snoda e ti raggiunge in un balzo di mille scintille multicolori che incoronano il tuo bel viso.
Oggi non ci sarà tramonto, perché la luce del tuo cuore splendente illuminerà la mia notte.

Ti auguro una giornata soffice e calda come la bambagia".

Un abbraccio a chi passa ancora da queste parti, nonostante i miei neri e i miei grigi....

mercoledì 6 gennaio 2010

Buona Epifania!


"Il bambino che non gioca non è un bambino,
ma l’adulto che non gioca
ha perso per sempre il bambino che è dentro di sé."
(Pablo Neruda)